Emicrania, i nuovi anticorpi diretti contro il peptide CGRP


La ricerca in campo neurologico è indirizzata verso lo sviluppo di anticorpi mirati per determinate molecole, e specificatamente nel trattamento dell'emicrania l'obiettivo è quello di bloccare il peptide correlato al gene della calcitonina ( CGRP ), una sostanza che ha un ruolo rilevante nella genesi dell’emicrania.
Uno studio pubblicato su CNS Drugs sottolinea come sia importante valutare questo nuovo approccio terapeutico per i vantaggi che offre.

Fino a questo momento infatti le ricerche si erano concentrate sugli antagonisti del recettore CGRP, che si sono dimostrati efficaci per il trattamento dell’emicrania ma nel tempo possono provocare tossicità epatica sul paziente.
Al contrario lo sviluppo di anticorpi, che combattono la vasodilatazione indotta da CGRP, potrebbe evitare questo tipo di problema.

L’emicrania risente di fattori ambientali, di fattori genetici e ha un andamento ricorrente. Esistono elementi scatenanti come lo stress emotivo o l’eccessivo rilassamento ( cefalea del fine settimana ), l’aver saltato un pasto o mangiato troppo, l’essere stati esposti al freddo intenso o al caldo eccessivo, l’aver dormito troppo o troppo poco: situazioni ambientali opposte producono lo stesso effetto negli individui predisposti, nelle persone cioè che hanno particolari caratteristiche biologiche su base genetica.

A fronte di queste conoscenze rimane una questione aperta e cioè dove nasca la crisi emicranica. C’è chi ritiene che tutto inizi dal generatore emicranico nel tronco encefalico; altri propongono un’ipotesi infiammatoria; infine c’è chi parla di cortical spreading depression, cioè di un’onda di depolarizzazione che parte dal polo occipitale e che si dirige verso le regioni anteriori del cervello in grado di innescare la crisi emicranica.
Anche se non si ha ancora una risposta univoca in questo senso, rimane tuttavia un punto fermo: nell’emicrania si verifica un aumento di CGRP che è sicuramente coinvolta nella genesi della crisi.
Su questo peptide si stanno concentrando le ricerche per il trattamento preventivo dell’emicrania.

Accanto a questo nuovo approccio terapeutico ancora in fase di studio, ne esistono altri sviluppati negli ultimi anni.
È il caso ad esempio della Tossina botulinica che viene iniettata in aree muscolari specifiche della testa e del collo.

Un’altra possibilità è la neurostimolazione, usata soprattutto quando i farmaci non fanno effetto. Dalle forme più invasive a quelle meno invasive, si va dalla stimolazione profonda dell’ipotalamo, alla stimolazione ( con impulsi elettrici ) del nervo occipitale, del nervo vago, fino alla stimolazione magnetica transcranica. Nel primo caso, cioè nelle forme di stimolazione più profonda, viene prodotto un foro nella scatola cranica per l’impianto: si tratta di un metodo utilizzato ormai tempo fa in maniera sporadica per tipologie di dolore molto intenso come la cefalea a grappolo cronica e oggi quasi del tutto abbandonato. La stimolazione del nervo grande occipitale è invece mininvasiva, in quanto gli elettrodi sono collocati sotto la cute, ma esternamente alla teca cranica. Infine esistono anche tecniche non invasive che vanno a stimolare il nervo vago, il ganglio sfeno-palatino o il nervo sovraorbitario attraverso elettrodi esterni.

Da non trascurare, infine, è l’abuso di farmaci sintomatici che i pazienti assumono spesso in modo autonomo e prolungato nel tempo e che può trasformare una emicrania episodica ( facile da curare ) in una forma cronica con la presenza di cefalee anche quotidiane ( medication overuse headache, emicrania da abuso di farmaci ). In questi casi nessuna terapia di profilassi è in grado di migliorare la situazione, gli individui sono sempre meno responsivi ai trattamenti e questo incentiva ulteriormente l’abuso. Nel caso in cui si sospendano i farmaci sintomatici, si ottiene un netto miglioramento della cefalea.
È dimostrato che nel 30-40% dei casi il paziente ritorna poi alle vecchie abitudini, come se ci fosse una base biologica che lo riporta in quella direzione.
Pochi anni un gruppo di ricercatori ha dimostrato ad esempio che un polimorfismo ( Val66Met ) del gene Bdnf, collegato a disturbi del comportamento e ad abuso, è un significativo predittore indipendente dell’uso eccessivo di analgesici in pazienti affetti da emicrania da abuso di farmaci. ( Xagena_2014 )

Fonte: Università di Padova, 2014

Xagena_Medicina_2014